Otto mesi a ghazzah street



Traduttore: G. Oneto
Editore: Fazi
Collana: Le strade
Anno edizione: 2017
Pagine: 334 pagine
Formato: brossura


A voi cosa viene in mente quando pensate ai paesi arabi? Io, forse perché ancora mi ostino a considerarmi un fanciullo, immagino maestosi edifici intarsiati da complessi orpelli ornamentali, moschee sovrastate dalle caratteristiche cupole dell'architettura araba e lusso, tanto lusso.
La Mantel invece, con il suo "otto mesi a ghazzah street" ci porta a conoscere l'altra faccia della medaglia, quella parte dell'Arabia Saudita che conosciamo, o pensiamo di conoscere, ma che in realtà va ben oltre i preconcetti e la rigidità che a conti fatti costituiscono solo la punta dell'iceberg.


Siamo nel 1984, Frances Shore raggiunge Andrew, suo marito, che a Gedda che ha ottenuto un remunerativo impiego per la costruzione di un importante edificio. Siamo negli anni del massimo sviluppo industriale saudita, tra cementificazioni e uno sfarzo sempre più presente. Una volta stabilita nella casa che le è stata messa a disposizione, colma di positività e speranza, comincerà un duro faccia a faccia con la realtà del luogo. L'Arabia Saudita non è un posto ospitale: i peccati personali vengono equiparati ai crimini, l'equilibrio tra le persone è sempre precario e a farne le spese sono soprattutto le donne: non escono mai sole, difficilmente a piedi e quando lo fanno le si vede solo salire o scendere dalle auto, coperte dai loro veli sempre con un atteggiamento fuggevole e arrendevole, vittime di un pensiero e di una cultura pregiudizievole. Gedda non è un territorio facile per il gentil sesso, questo si evince da subito.


La protagonista trascorre le sue giornate conoscendo e intrattenendosi con le vicine di casa, moglie e madri tanto vicine ma costantemente lontane riguardo gli usi e costumi. Con esse Frances avrà un continuo rapporto di "amore e odio", a volte cercando di comprendere, altre volte non facendolo: non riesce a capire il motivo per cui questo luogo abbia due mondi così separati. Quello dell'apparenza e quello del remissivo mutismo che vive soprattutto il genere femminile. A questo si aggiunge un fitto mistero che sembra aleggiare al piano superiore dell'edificio. Nell'appartamento sopra il proprio non si sente nessun rumore, almeno apparente, e la donna tra congetture e confronti sfuggevoli con il marito e i vicini, cerca di scoprire, anche a proprio rischio, cosa cela di così segreto quel palazzo: un amore adultero (punito severamente), qualcuno segregato o addirittura un assassino?

 La scrittrice riesce a destreggiarsi magistralmente facendo di questo giallo, un lento e ipnotico procedere della protagonista nel mondo in cui viene inserita. Si ha la sensazione che essa perda completamente lucidità dopo i primi giorni di vita a Gedda: entra in un vortice di emozioni e pensieri, sempre più angoscianti e pressanti tanto che poi il desiderio di fuggire dal paese diviene tangibile, percepibile dal lettore nelle ultime pagine.

"Otto mesi a ghazzah street" è un romanzo giallo, almeno in superficie. Ma la parte viva, quella che deve arrivare a chi legge è la situazione delle donne arabe, con cui Frances, in netta controversia per le sue origini occidentali si scontra continuamente, E' questo il focus che questo libro si pone nel raccontare un mondo che sappiamo esserci ma di cui ignoriamo i molteplici sub-strati socio-politici che lo compongono.

Grazie alla penna della Mantel, la lettura scorre via senza problemi. La descrizione dei luoghi è precisa, le caratteristiche e le emotività dei personaggi sono sempre chiare e attente. Ho trovato solo alcuni passaggi, non lessicali ma descrittivi, un pochino troppo prolissi ma comunque non particolarmente ostici nell'insieme. Lungi da me criticare una due volte vincitrice del "Booker prize"!

Valutazione: 7.5/10

Giordano 








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